Ci siamo: il 2 luglio 2022 segna un vero e proprio spartiacque nel mondo dell’analisi dati.
In questa data, infatti, Google Universal Analytics 3 (UA3 per gli amici) andrà ufficialmente in pensione. Tutti i siti che inizieranno l’attività di tracciamento dopo quella data si ritroveranno a utilizzare di default Google Analytics 4, senza possibilità di scegliere tra il vecchio e il nuovo sistema (come è stato sinora).
E tutti i siti che ora stanno tracciando dati con UA3, ovvero la quasi totalità dei siti web dell’emisfero terrestre occidentale? Loro avranno la possibilità di mantenere entrambi i sistemi in parallelo fino al 2 luglio 2023, quando UA3 verrà definitivamente dismesso.
“Ah meno male, allora ho un altro anno per adeguarmi”, diranno in molti. E invece no! Ecco 2 validi motivi per abbandonare subito UA3 e passare al nuovo sistema di tracciamento Google Analytics 4:
- Maggior tutela della privacy degli utenti
Recentemente, i Garanti della Privacy di Italia, Francia e Austria si sono pronunciati contro l’utilizzo di Universal Analytics 3, al punto da far correre la voce in Rete che Google Analytics (in modo abbastanza generico e senza specificare la versione) sia “illegale” in Europa. In realtà le disposizioni si riferiscono a una specifica modalità di tracciamento dei dati, propria di UA3, che se non è correttamente configurato, passa l’indirizzo IP ai server statunitensi. Google Analytics 4 nasce anche in risposta alle nuove regolamentazioni europee e introduce dei significativi cambiamenti tecnici che permettono una maggiore capillarità della raccolta dati e del tracciamento dei consensi. Non solo: ci sono costanti aggiornamenti di privacy da parte della piattaforma.
Certo, sulle decisioni dei Garanti europei grava anche un aspetto politico, la mancata definizione dell’accordo Safe Harbour per il passaggio dei dati tra Stati Uniti ed Unione Europea, che soggiace a tutti i software di imprese statunitensi. Ma questi aspetti purtroppo vanno al di là delle configurazioni tecniche: possiamo solo sperare che si giunga presto a una soluzione. UA3 però non è compliant al GDPR secondo questi garanti i quali, non molto tempo fa, UA3 con l’IP anonimizzato, era equivalente ad un cookie tecnico ma ora sembra che la musica sia cambiata quindi non vale più l’aspetto tecnico ed è opportuno smettere di utilizzarlo il prima possibile.
- Continuità nel tracciamento dati
Google Analytics 4 non manterrà lo storico di Universal Analytics 3. Anzi: non c’è modo di migrare “dal vecchio” al nuovo. Appena installato GA4 comincerà a tracciare i dati dal momento in cui è stato installato.
Lo ripetiamo: Google Analytics 4 non manterrà lo storico di Universal Analytics 3.
Non ci sarà alcun passaggio di testimone tra i due sistemi.
Quindi chi non effettua il cambiamento per tempo, al 3 luglio 2023 si ritroverà la dashboard di GA4 completamente vuota e, accanto, la dashboard di UA3 ormai spenta. Come avere in garage un’auto vecchia ormai ferma e un’auto nuova fiammante… con il serbatoio vuoto, ovvero senza dati storici. Perché sono i dati storici il motore del marketing digitale: quelli che ci permettono di stabilire paragoni, fare riflessioni, prendere consapevolmente decisioni di Marketing; senza uno storico, l’anno prossimo, su cosa ci baseremo?
Passare subito a Google Analytics 4 ci permette di creare subito un bacino di dati su cui poter costruire decisioni.
Senza contare che agendo per tempo avremo la possibilità di prendere più facilmente confidenza con la nuova piattaforma, la cui curva di apprendimento è decisamente più alta di qualunque release rilasciata in passato.
Come abbiamo ribadito più volte, infatti, non siamo di fronte al solito aggiornamento tecnico ma un vero e proprio cambio di paradigma (un nuovo data model) che costringerà molte aziende a rivedere le proprie strategie digitali. Per questo è opportuno conoscere gli aspetti più significativi di questo cambiamento.
Google Analytics 4: i cambiamenti più significativi rispetto a UA3
Sessioni e bounce rate addio: centralità agli eventi
Spariranno due metriche molto usate nei KPI di marketing, veri e propri “classici” dei report di agenzia: la prima è “sessioni” che, ricordiamo, indica quante volte un singolo utente si connette a uno stesso sito.
La seconda è “bounce rate”, che indica il tasso percentuale di utenti che, non appena atterrati sul sito, se ne va, senza soffermarsi o navigare. Queste metriche, insieme al tempo medio speso sulla pagina o sul sito, venivano spesso prese come riferimenti per valutare l’interesse degli utenti verso i contenuti: se atterro e scappo, evidentemente è perché non ho trovato quello che cercavo; se invece continuo a navigare, mi soffermo per un tempo lungo e magari torno più volte in momenti o giornate diverse, allora il mio interesse dev’essere alto.
A dirla così, non fa una grinza. Tuttavia, si tratta di metriche che possono risultare controverse perché troppo spesso non vengono correttamente rapportate a un contesto: un quotidiano, ad esempio, ha generalmente bounce rate molto alti perché le persone atterrano sul sito per leggere una notizia specifica, spesso breve; una volta letta, spesso se ne vanno e non hanno motivo di tornare (quindi, niente nuove sessioni), ma questo non si traduce per forza in un giudizio negativo tout court.
Stessa cosa rapportata agli e-commerce: in un sito di moda, una struttura efficace e un buon layout di pagina potrebbero spingermi a continuare la navigazione ed acquistare prodotti correlati. Più difficile che accada su un sito di ferramenta (che magari alla fine del mese totalizza più fatturato del portale di moda).
Google vuole quindi spingerci a pensare in modo più strategico concentrandoci su un concetto diverso: quello di evento. L’evento è un’azione rilevante che l’utente compie sulla pagina e a cui può corrispondere, direttamente o indirettamente, un valore economico. Alcuni esempi pratici: sono eventi:
- Tutti i touchpoint della vendita e-commerce (inserimento del prodotto in wishlist, visualizzazione del prodotto, messa a carrello, finalizzazione dell’acquisto, etc.);
- Lo scroll down completo della pagina (pensiamo ai magazine o ai blog, il cui primo obiettivo commerciale è dimostrare di avere lettori) fino al 90%;
- La compilazione di un form o un modulo d’iscrizione;
- Il download di una brochure;
- Il clic su un determinato pulsante
Si potrebbe continuare a lungo, anche perché possibile creare eventi personalizzati in base a determinate esigenze. Certo, per creare questi “eventi personalizzati”, è un must avere un piano di misurazione. Senza un piano, torniamo alla metafora della macchina col serbatoio vuoto, non sapendo cosa andare a tracciare e analizzare. Sarà il piano con i suoi obiettivi, KPI e metriche a determinare dove dovremo concentrarci maggiormente, perché è proprio da questi tipi di interazione che possiamo cogliere dettagli importanti sul comportamento degli utenti.
Attualmente il loro numero è pressocché infinito. GA4 comporterà dei limiti: per i siti web, gli eventi sono infiniti mentre per le app consentirà di inserirne fino a 500 tipologie di eventi, con 25 parametri per evento (sì, esatto: 500 contro gli 8 eventi per dominio consentiti da Facebook).
Il segnale è chiaro: dobbiamo concentrarci su dati concreti e inequivocabili: se il bounce rate elevato non è per forza indice di scarso interesse, un prodotto messo a carrello è chiaramente un segnale positivo (anche se poi occorre chiedersi perché l’acquisto non è stato finalizzato…).
Nei piani di marketing del nuovo anno sarà opportuno tenere presente questo cambiamento, in modo da orientare opportunamente i nostri obiettivi di marketing (in particolare se abbiamo un e-commerce).
In particolare, diventa fondamentale partire con un piano di misurazione già chiaro e completamente personalizzato in base ai nostri specifici obiettivi: l’era dei riferimenti generici, come appunto le sessioni e il tempo medio sulla pagina, sta per concludersi definitivamente. Dobbiamo sforzarci di abbandonare i vecchi riferimenti e abbracciare una visione più incentrata sull’utente, i suoi bisogni e le sue aspettative. Un approccio che nel tempo potrà condurci verso maggiori soddisfazioni, anche dal punto di vista delle conversioni.
Insomma, al di là di tante gufate, l’Era di GA non è affatto finita: è appena ricominciata.
Google Analytics è morto: lunga vita a Google Analytics.